Approvato il decreto anti pirateria
Da Milano – Con il sì definitivo del Senato è diventato legge il “Decreto Sviluppo“, che prevede al proprio interno un importante strumento di contrasto alla pirateria del software, ampliando la responsabilità penale amministrativa dell’ente, regolata dal decreto legislativo n. 231 del 2001, anche ai reati a tutela del diritto d’autore previsti agli articoli 171bis e 171ter della legge n. 633 del 1941.
Si attende ora solo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per la definitiva entrata in vigore delle nuove norme.
Queste prevedono oggi una responsabilità amministrativa specifica in capo all’ente (persona giuridica pubblica o privata) per la violazione delle norme previste dalla legge sul diritto d’autore a tutela dei programmi per elaboratore (oltre che delle altre opere dell’ingegno), qualora i reati siano stati commessi nell’interesse o vantaggio dell’ente da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, ovvero anche da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui sopra.
L’unico modo per cui l’ente può evitare la responsabilità in questione consiste nel dar prova che ricorra una delle seguenti circostanze, e precisamente che:
a) l’organo dirigente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza di curare il loro aggiornamento sia stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).
D’ora in avanti dunque l’ente potrà essere condannato – oltre che in sede civile con le sanzioni del risarcimento del danno e dell’inibitoria – anche in sede penale amministrativa, con sanzioni pecuniarie che possono arrivare a circa 775.000 euro, e con sanzioni interdittive (ad esempio la sospensione dell’autorizzazione o il divieto di pubblicizzare beni o servizi fino ad un anno). Non solo: i soggetti in posizione apicale potranno essere ritenuti a loro volta responsabili nel caso in cui abbiano omesso di adottare le necessarie policy finalizzate ad evitare la commissione del reato.
(fonte Business Software Alliance in Italia)