Come si è evoluta la musica da viaggio
Da Milano – 1970. Si andava in vacanza in Simca 1100. Non c’era l’aria condizionata e l’auto radio di serie era in là da venire.
La musica era già, fino da allora, il corollario perfetto dell’estate e per portarla con sé esisteva un solo modo: il mangiadischi.
Bastava inserire il 45 giri in vinile nella stretta feritoia e la puntina si adagiava automaticamente sul solco producendo una musica spesso piatta, priva di bassi, quasi algida, ma che allora sembrava una cosa paradisiaca.
Non è sbagliato immaginare un gruppo di amici riuniti in spiaggia ad ascoltare sognanti L’Isola di Wight dei Dik Dik, un grandesuccesso di quell’estate, mentre il sole è al tramonto e regala scorci da sogno.
C’erano pochi dischi e si ascoltavano sempre quelli, fino allo sfinimento. Per due motivi almeno: primo la musica costava e si pagava (un 45 giri costava ben 600 lire!), secondo i quarantacinque giri erano anche ingombranti.
Un iPod nano da 8GB può contenere 2.000 canzoni in formato digitale. Nel 1970 per portarsi dietro 2.000 canzoni ci sarebbe voluto un capiente furgone da caricare con oltre 1.000 quarantacinque giri (con due canzoni per facciata) dal peso singolo di circa 40 grammi per un peso totale di 90 chilogrammi.
L’epoca del giradischi tramontò alla fine degli anni ’70. La musica da portare sempre con sé cercava altre soluzioni più pratiche, erano aumentate le aspettative. Arrivò così il momento del Sony Walkman il cui primo esemplare venne venduto il primo luglio del 1979.
Non funzionava coi dischi, ma con le musicassette: dei supporti fonografici a nastro magnetico.
Un musicassetta da 90 minuti poteva contenere 25/30 canzoni. Per portarsi dietro l’equivalente di canzoni di un iPod nano bastavano 80 musicassette, il bagaglio di una macchina poteva bastare.
Anche la qualità sonora era aumentata rispetto al vinile, non la deperibilità, infatti il nastro magnetico gira che ti rigira dopo un po’ diventava pressoché inascoltabile.
Se gli anni ‘80 furono ad appannaggio del Walkman, cominciava a farsi strada un concorrente che avrebbe dominato la scena musicale per buona parte degli anni ’90, il CD Player.
Funzionava, e funziona tutt’ora, coi CD (Compact disc) audio che garantivano la massima resa dal punto di vista musicale oltre a consentire una buona durata del supporto nel tempo.
Un CD audio standard ha un diametro di soli 120 mm e può contenere 80 minuti di canzoni (700 MB di dati). Il trasporto di significativi quantitativi di musica comincia diventare più semplice.
Alla fine degli anni ’90 si entra nell’era digitale vera e propria con il primo lettore MP3, l’MPMan F10 presentato nel marzo 1998 alla fiera CeBIT dalla compagnia sud-coreana “Saehan Information Systems” e venduto nell’estate seguente a 250 dollari con 32 MB di memoria flash.
A dare una grande spinta all’affermazione della musica digitale è un formato di compressione, l’MP3 che, curiosamente, sembra interrompere la ricerca della qualità audio, sempre in crescita fino a quel momento, a favore della portabilità e dello scambio, iniziando una specie di percorso inverso rispetto ai cultori del suono cristallino e degli impianti hi-fi ad alta fedeltà.
Si arriva così fino ai giorni nostri. La musica è tutta in un palmo di mano, i Dik Dik continuano a cantare L’Isola di Wight e magari qualcuno si commuove ancora a vedere un tramonto sul mare.
Insomma nulla è cambiato o forse tutto.