La strana evoluzione-involuzione del telefono cellulare
Da Milano – Disquisendo di pura filosofia informatica, non sarà difficile appurare come il telefono cellulare abbia subito delle trasformazioni piuttosto evidenti nel corso degli anni.
Negli anni ’80 i primi cellulari erano grossi come citofoni, pesanti e poco maneggevoli, portarli all’orecchio più volte al giorno equivaleva a fare una sessione di pesi. Per alimentarli in modo adeguato si sarebbe dovuta usare una batteria da automobile. Poi, improvvisamente, fu chiaro l’obiettivo: rendere il cellulare più piccolo, sempre più piccolo, maneggevolissimo e resistente.
Così si arriva ai modelli a conchiglia come il motorola Motorola v51. Così piccolo da perdersi in una tasca, capace di rimbalzare per un chilometro in caso di caduta accidentale senza procurarsi un graffio, durata della batteria infinita grazie allo schermo monocromatico verde lime che, se aperto in una stanza buia, sembrava una sorgente radioattiva.
Forse la corsa al rimpicciolimento sarebbe continuata se non ché, a un certo punto, Steve Jobs, forse stanco di schiacciare i micro tasti dei cellulari con le forcine per capelli decise che il cellulare doveva essere più “smart”, accessibile, di facile utilizzo, capace di fornire all’utente la stessa esperienza di utilizzo fornita dal computer.
Con l’iPhone è cambiato di nuovo tutto. I cellulari hanno ricominciato a ingrandirsi. Telefonare con un Samsung Galaxy Note è un’esperienza che farà spillare più di una lacrima di nostalgia a chi negli anni ’80 utilizzava i cellulari/citofono. Per non parlare della resistenza: display ampi che forse si incrinano anche riflettendo la bruttezza manifesta dell’utente che vi si specchia, come nelle favole, o, più prosaicamente, cadendo anche da altezze minime.
La durata della batteria poi non può competere con quella dei cellulari monocromatici anni ’90. Troppe funzioni, troppo colore, troppa luce.
Insomma il cellulare si è evoluto o involuto? Voi cosa ne pensate?