Nuove microcapsule per il settore biotecnologico e farmaceutico
Da Genova – Navicelle fatte di materiale fibroso e dalle dimensioni microscopiche, in grado di contenere piccole quantità di liquido e trasportarle in diversi ambienti fuori e dentro l’uomo: è questa l’ultima invenzione dei ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) a Genova. Le microcapsule potranno essere utilizzate come microsensori per l’analisi ambientale, o come micro-operatori per la diagnostica e sistemi di rilascio dei farmaci nel nostro corpo.
La ricerca è stata condotta dal gruppo di Materiali intelligenti dell’IIT coordinato dalla dott.ssa Athanassia Athanassiou del Dipartimento di Nanofisica dell’IIT, ed è stata pubblicata nella rivista internazionale Langmuir con il titolo “Biomimetic approach for liquid encapsulation with nanofibrillar cloacks”.
Il gruppo di ricercatori ha realizzato le nuove capsule partendo dallo studio delle strutture già presenti in natura e imitandone le caratteristiche. Capsule simili sono infatti presenti nelle piante, nei funghi e nelle alghe, dove membrane fibrose, conosciute come pareti cellulari, intrappolano un piccolo volume di liquido conferendo alle cellule resistenza meccanica, e forma, oltre che la possibilità di scambiare in modo controllato i nutrienti molecolari tra l’ interno e l’esterno.
Le microcapsule inventate all’IIT sono, infatti, costituite da un guscio fibroso impermeabile, soffice e robusto – con una resistenza dieci volte superiore alle capsule prodotte da altri gruppi di ricerca – in grado di contenere piccole quantità di liquido o altre sostanze.
“La composizione chimica del guscio permette di contenere molecole reattive, ottenendo così micro-sensori per monitorare la presenza di inquinanti nell’ambiente, o navicelle per incorporare farmaci da rilasciare in modo locale e mirato nel nostro corpo” spiega Athanassia Athanassiou, responsabile del gruppo materiali intelligenti di IIT.
Il metodo per generare le nuove microcapsule ricorda la formazione di gocce ricoperte di farina quando l’acqua viene versata sopra una piramide di farina: le gocce rotolano imbiancandosi. Allo stesso modo, micro gocce di acqua vengono fatte cadere da una distanza di due tre centimetri su di una rete di fibre sintetiche, e quando le gocce entrano in contatto con le fibre, ci rotolano sopra, trascinando con sé le fibre e ricoprendo la loro stessa superficie.
“Per creare il guscio biomimetico, abbiamo selezionato due polimeri sintetici che andassero a costituire la rete fibrosa, il fluoro-acrilico (noto in commercio come Capstone) e l’acetato di cellulosa. Il primo conferisce la proprietà di repulsione all’acqua, mentre l’acetato di cellulosa garantisce di ottenere un guscio biocompatibile e biodegradabile” spiega la dott.ssa Elisa Mele, prima autrice dello studio e ricercatrice all’Istituto Italiano di Tecnologia.
Le microcapsule, inoltre, presentano alta stabilità a contatto con diversi materiali liquidi e solidi, come per esempio carta, vetro, alluminio, altri metalli e plastica. Sono stabili anche se vengono immerse in acqua o olio, e non mostrano rotture e perdite di liquido anche se sottoposte a stress meccanici.